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Gianluca Bocchinfuso
Questa silloge di Loredana Becherini mette al centro la parola, con tutta la sua forza poetica e la sua capacità di trasmettere emozioni. E’ dalla parola che partono le sue indagini sulle tentazioni, elementi centrali del nostro vivere e agire che, però, grazie alla poesia, acquistano forme diverse: è il campo delle emozioni, dei desideri legati all’incrocio tra cuore e mente che non lasciano mai respiro.
L’aspetto più interessante di questa raccolta è proprio la capacità di stare dentro ai campi umani più nascosti e intimi, in cui ogni passo diventa un territorio da esplorare, senza alcuna ritrosia o barriera: “E’ dolore il pensiero che ora emerge/ dalle curve del tempo in convergenze/ Ritmiche di ricordi” (pag. 23); “L’orizzonte ti manca ma quel grido/ nella profonda eco della mente/ ci riflette la linea/ marcata delle stelle sicuro/ porto dei sogni” (pag. 40); “Non negherò di plasmare un’immagine/ che richiami spazi d’ombra/ frescure di grappoli ed occhi/ assorti nel leggere stormi di desideri/ sfuggenti verso più liberi spazi/ verso un varco una porta celata/ su altra dimensione… un sogno/ un sogno solamente.” (pag. 54).
C’è un’atmosfera di sospensione in molte sue poesie: non serve correre in modo ossessivo per cercare risposte. Bisogna recuperare il senso delle parole per vivere tutte le emozioni e declinarne i significati e le variabili. Le situazioni diventano momenti vissuti da assorbire e tenere dentro – “Chissà se mi hai pensata/ se ancora mi aspetti se / ti morde ancora la carnel il mio nome…” (pag. 56) – anche quando provocano sofferenza, mettendo in discussione equilibri e certezze.
In questa azione di dialogo interiore la parola diventa lo strumento senza limiti, quello che dà risposte dentro e fuori. E’ facile lasciarsi andare e abbandonarsi al “non detto”, ma le parole taciute sono “lettere mai vergate/ non pronunciati accenti/ attorti nel non-essere/ tessono punti e nodi di silenzio/ invisibili fili di sutura/ arazzo a rivestire le pareti/ di sotterranee stanze-ricettacoli/ senza slargo di stelle” (pag. 67).
In tutto questo andare e tornare delle parole, s’inseriscono le immagini parentali e familiari che nutrono l’essenza di quello che si è, riempiendo il ricordo di sensazioni e sentimenti vissuti, come nel testo A mio padre: “Così l’invito/ che mi rialzava dopo una caduta/ - coraggio non è nulla -/ dentro ancora mi splende. Non sapevo/ allora quante volte la tua voce/ avrei ascoltato nelle mie tristezze” (pag.53).
C’è un’immediatezza linguistica e semplice in queste poesie che non perdono mai la complessità di tutto ciò che vogliano comunicare. La Becherini usa la parola con dosi mirate e lascia un segno di poesia privata che diventa specchio della sua vita e di tutte le sue tentazioni.